giovedì 29 agosto 2013

Monster University - La (non) recensione


Avete presente quelle manovre commerciali che ci portano a quando avevamo 10 anni?
Se non le avete presente, andate al cinema a guardare Monster University.
La Pixar – mica stupida – sa che ormai il suo pubblico di riferimento ha una certa età. So’ grandi, studiano e non si fanno accompagnare più dai genitori al cinema: in pratica ha dai 18 ai 25 anni.
E quale luogo frequentano di più i ragazzi dai 18 ai 25 anni? Dite l’università?
Sì, può essere.
Quindi “perché non prendiamo due piccioni con una fava?” hanno detto quelli di Pixar.
Stronzi.

L’altro giorno, trascinato dai sentimenti, sono andato a guardarlo anche io.

“Ma pande’, il film è bello? Eh?”
Chiariamo, Monster University è un bel film d’animazione. Fa ridere (non tantissimo ma quanto basta), rilassa. Ci sono alcuni personaggi da deriva psichica, altri invece inconsistenti ma oltremodo coccolosi.
Il problema è tutto il resto: hanno pensato al luogo dove ambientarlo, hanno preso alcuni vecchi personaggi e… stop. L’ho visto quattro giorni fa e già non mi ricordo metà film. Vuoto, i nomi dei personaggi? Boh.

E vi spiego pure perché. (Ovviamente, senza spoiler…)


Entrando in sala, la Pixar, come sempre, ci delizia con una di quelle robe sperimentali che“ti facciamo ridere ma anche piangere in soli due minuti": Il corto Pixar.
Stavolta, però, ha toppato: è uno dei più goffi esperimenti uscito dai suoi laboratori. Non fa ridere e non fa piangere: impareggiabile il comparto tecnico, applausi e lodi, ma il resto scialbo e melenso.
E poi, quel cazzo di ombrello blu l’avrei preso volentieri a pugni per fargli recuperare virilità.

Dannato ombrello.
La smetti di sorridere come un demente? EH? MI FAI SALIRE IL CRI



Dopo aver preso a pugni l’ombrello aver finito di guardare il corto, spunta sullo schermo Mike Wazowski che studia ossessivamente come un secchione sfigato un ragazzo responsabile per diventare spaventatore.
Partono così tutta una serie di gag e situazioni che strizzano l’occhio agli studenti universitari americani: le confraternite, le diatribe, le iniziazioni… in pratica, Greek.
Il film, in alcune scene, mi ha proprio urlato: “EHI! GUARDA CHE STIAMO PARLANDO DI TE, GIOVANE AMERICANO!”.
Solo che io non sono americano (Però me lo urlava, giuro).
  

Ripeto, Monster University è bello, ma guadagnerà così tanto da nascondere la scritta “anonimo” che si è stampata in fronte da solo. 
Alla Pixar si sono seduti e hanno aspettato che tutti gli idioti (tra cui io) entrassero in sala solo perché c’era scritto Monster e c’era Mike e c’erano le citazioni al film precedente e “oh che bello mi ricordo quando avevo 12 anni”.

Sì c’è anche il 100% di morbidezza in più dei personaggi, per vendere più pupazzi nei Disney Store: insomma, il comparto tecnico è da polli Amadori 10+.


Ma l’inconsistenza di Pixar rispetto a tutto il resto lascia amareggiati, ché sembra proprio non abbia più idee, o abbia deciso, in un impeto di singolare genialità, che ormai guadagna di più con i sequel.

Loro hanno risposto che non è vero.
E io gli ho creduto.

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