domenica 16 dicembre 2012

Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, ma proprio tanto inaspettato, pure per noi (Senza spoiler)


Ieri sono andato a vedere Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato. Uno lo sapeva che su un libricino di 300 pagine una trilogia proprio non ci stava. Jackson però ci ha rassicurati dicendo che ne valeva la pena, che ci inseriva tutte le appendici del libro, che poi si prendeva pure la briga di inventarsi delle cose. 
E allora ci siam fidati. Abbiamo detto: "Ok, Pete. Non deluderci, per favore, ché poi come lo spieghiamo ai nostri amici troll che il film è 'na merda."
Abbiamo fatto bene, a fidarci di Jackson? [...]



È troppo facile rispondere in modo diretto, così. Ché poi come riempio i 2500 caratteri minimi?
Tutto inizia in quel della Contea, dove Bilbo Baggins (lo zio di Frodo, quello con l'anello, vi ricordate?) decide di scrivere un libro dove racconta la sua impresa eterosessuale con 13 nani più un mago di nome Gandalf. Praticamente l'incipit di un film porno gay, ecco. 
Basta così con la trama, dovete andarvelo a vedere, spendere i soldi come ho fatto io. Sarebbe una disgrazia se vi raccontassi più del dovuto, perché va gustato senza nessun tipo di influenza. E poi non posso certo raccontarvi il finale.
La trama è solida, ben strutturata, ma poco scorrevole. Il risultato è una pellicola che in alcuni momenti arranca dal punto di vista della velocità della scena. Questo però è da sempre un tratto distintivo del regista e da non considerarsi necessariamente un problema.
Il 3D non si intromette ma, come sempre, è inutile alla fruizione del film. I 48 frame al secondo, invece, hanno il pregio di permettere standard di qualità visivi ancora più alti senza però assecondare chi millantava una somiglianza coi prodotti televisivi.

Quella di Jackson non è una regia operaia. Tutte le scene hanno un senso: le riprese dall'alto, i primi e primissimi piani, perfino le scene d'azione. Nulla è messo lì per caso, ad allungare il brodo. 
I maestosi paesaggi della Nuova Zelanda intonano una melodia di immagini attorno al contesto Fantasy in cui ci si imbatte con l'accompagnamento di una colonna sonora perfetta. Sì, alcune scene d'azione ricalcano quelle del Signore degli Anelli, ma senza il tono di autoreferenzialità che molti registi non riescono a nascondere.
L'epicità che permea l'opera di Tolkien, anche se presente, viene un po' smorzata dai toni meno tesi della trama. Ma è percepibile quanto Peter Jackson infonda solennità alla pellicola, inserendo nel film persino le canzoni dei nani scritte dallo stesso Tolkien, dimostrando l'estremo rispetto che ha per l'universo di Arda.



Come già detto prima, nulla è lasciato al caso, nemmeno l'interpretazione dei personaggi. Tutti e 13 i nani hanno ricevuto una caratterizzazione più ampia rispetto a quella del libro per motivi cinematografici, così da renderli identificabili anche senza ricordarne il nome. Questo però va a ad estremizzare il carattere dei nani che, a parte Thorin, appaiono in alcune occasioni come delle semplici macchiette. 
Bilbo Baggins, interpretato dalla New Entry Martin Freeman, svolge un lavoro sublime, decisamente convincente nel ruolo affidatogli, ma ci sono anche graditi ritorni, come quello di Gandalf, interpretato dal sempreverde Ian  McKellen (doppiato da Gigi Proietti, in sostituzione a Gianni Musy, morto nel 2011) e di Gollum. Il film è cosparso di parecchi altri cammeo secondari che sarebbe però un peccato svelarvi.

Quando abbiamo sentito che sarebbero usciti tre film, abbiamo torto un po' il naso. Avevamo le chiappe strette, "ché sia mai faccia una merda solo per i soldi".
Jackson, invece, è riuscito ad amalgamare appendici e trama principale in un film in cui niente sembra stato messo a caso, fuori contesto. Le appendici, per uno che non ha letto il libro, sono irriconoscibili, così come le scene "inventate". Anch'io, che ho letto il libro tempo fa, ho avuto alcune difficoltà a ricordarmi se alcuni passaggi c'erano nel libro, oppure no.
Quindi, "Abbiamo fatto bene, a fidarci di Jackson?" La risposta è sì. Fortissimamente sì. 

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