sabato 4 agosto 2012

Estate Ragazzi - Bagnatele la testa!


È che tipo eri lì lì per scrivere qualcosa che facesse ridere (tralasciando gli articoli E3 dimenticati come la figlia di Peter Parker), in questa estate noiosa a pacchi. Niente da dire e niente da fare, ti annoi. Quindi gironzoli sull'internetto. Ti sale quella sorta di ciucca triste, perché è sabato e i serial che trasmettono in settimana non li fanno nel weekend. Però non sei ciucco, sei bello sobrio e ti ricorderai tutto anche i giorni a venire. Ripensi alle sei settimane passate in mezzo ai bambini. A tutti quei ragazzi di cui neanche ti ricorderai il nome. Non perché sei un cattivo animatore, ma ci sono quei marmocchi che danno così tanto fastidio da farti dimenticare i nomi degli altri.
Vi avverto che sarà pesante, 'sto articolo. Perché la voglia di far ridere me la sono dimenticata al piano di sotto e non ho voglia di scendere. Perché ci sono bambini, calmi, calmissimi, che non farebbero male ad una mosca, ma di cui ti ricorderai lo stesso il nome.


C'è questa bambina di nome Valeriana. Che noi chiameremo Valeriana, ma non si chiama Valeriana. Va alle elementari, tu la guardi ed è tutta normale. Tutta a posto, si diverte, gioca insieme agli altri. Nascondino, altalene, pallavolo. Quelle robe lì. Ma prima di mangiare, arriva l'infermiere, arriva l'animatrice più alta. “Dai, vieni, Valeriana!” E lei va senza dire nulla, si avvicina, prende la mano dell'animatrice più alta. In quel momento escono dal mondo Bimbo ed entrano nel mondo Vero, dove se ti dimentichi di entrare ti puoi scordare anche di ritornare nel mondo Bimbo. L'infermiere prende il materiale necessario, Valeriana è già bella tranquilla, ormai abituata al ritornello. E le viene data l'insulina. “Ciao Valeriana, ci vediamo domani!”, se ne va.

C'è questa bambina di nome Valeriana. Che noi abbiamo chiamato Valeriana, ma non si chiama Valeriana. Va alle elementari, tu l'hai guardata ed era tutta normale. A posto. Si divertiva, giocava insieme agli altri. Valeriana è diabetica.


C'è questo ragazzo di nome Marco. Che noi chiameremo Marco, ma non si chiama Marco. Arriva tutti i giorni alle 8:00, fa il duro, lo spisso. Non ne vuole sapere niente di quello che facciamo, lui è spisso. Se gli urli contro ti risponde male, e ti risponde male forte. Gli becchi le sigarette. Poi però lo conosci una settimana. Lo vedi la seconda. Fa lo spisso ma continua a venire. Fa lo spisso ma da dietro lo deridono, lo prendono in giro. Qualcuno continua ad urlargli contro, qualcuno continua a dire che è un poco di buono. Ma in realtà fa lo spisso. È spisso fuori, ma dentro non lo è tanto. E alla terza settimana invece di urlargli contro lo tratti diversamente. Lui inizia ad ascoltarti, alcune volte ti risponde ancora male fortissimo. Ma si apre e ti parla un po'. Scopri i suoi problemi, capisci perché si chiude ma poi ti cerca sempre. A fine Estate Ragazzi ti viene a salutare abbracciandoti.

C'è questo ragazzo di nome Marco. Che noi abbiamo chiamato Marco, ma non si chiama Marco. E' arrivato tutti i giorni alle 8:00. Ed era lì mica per niente. Marco era lì solo per cercare attenzioni.


C'è questa bambina di nome Gabriella. Che noi chiameremo Gabriella, ma non si chiama Gabriella. Lei no, non è una bambina normale, a volte ce lo vogliono far credere, ma non lo è. E' diversa. Diversa ma forte. In quei pochi centimetri di altezza, fortissima. Gioca, sta insieme agli altri, ed è bello. Ha il sorriso sulle labbra. E quando le vedi il sorriso scopri che è diversa, ma meno di quello che pensavi. Magari quel coglione che la deride per strada ha meno dignità di Gabriella. Anzi, sicuro che è così. E' diversa, ma la diversità non è un male. Lo diventa quando, di fronte alla diversità, è diverso anche il comportamento. Un concetto semplice a volte dimenticato.

C'è questa bambina di nome Gabriella, che noi abbiamo chiamato Gabriella, ma non si chiama Gabriella. Lei non è una bambina normale. Ma, oh, il sorriso di Gabriella è sempre lo stesso. La diversità, quello, non lo fa cambiare. Gabriella ha la sindrome di down.


“C'è questo bambino di nome...” Di paragrafi iniziati così ce ne sono mille. Non solo dove vivo io, ma dappertutto. Cambiano i nomi, le facce. Non le situazioni.
E la ciucca triste, dite voi? Avete ragione, ché questa mica è davvero 'na ciucca triste. È 'na ciucca da “il mondo è ingiusto”. Io sono nato così, sano. Sono io uno di quei tanti coglioni di prima. Ma loro? Loro riusciranno a sorridere sempre?


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